VIAGGIO A KIEV: STORIA DI UN INCONTRO

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C’era una volta un castello in cui vivevano: un cavaliere, un astronomo, una dama, la donna responsabile dell’acqua e quella del focolare, cosicchè non mancava mai di che vivere e scaldarsi.
Un giorno l’astronomo disse che i cieli parlavano chiaro, gli astri erano in posizione favorevole: era giunto il momento di intraprendere quel viaggio che da tempo aspettavano… e così dopo una cena in cui si confrontarono su dubbi e paure, decisero che qualche giorno piu tardi sarebbero partiti. E cosi accadde.
Il luogo da raggiungere era un Paese lontano in cui da anni ormai era calata una Grande Ombra che aveva portato una profonda tristezza nel cuore della gente che aveva cominciato a sentirsi male fisicamente e poi la nebbia aveva raggiunto anche il loro animo.
Nel corso del tempo c’erano stati altri eventi negativi come guerre e repressioni, ma anche positivi come la voglia da parte di qualcuno di rialzarsi, organizzarsi e ridare, in primis ai più piccoli, la voglia di sorridere e giocare in allegria, senza dimenticare anche le loro famiglie.

Molti viaggiatori erano arrivati da lontano per dare il loro contributo e lasciare traccia del proprio passaggio con iniziative, somme di denaro, costruzioni…ed è in tutto questo movimento che si ritrovarono i protagonisti della nostra storia.
Il Paese in cui giunsero, era molto più grande di quanto si aspettassero, milioni di persone nascoste in alti edifici, tutti uguali, parevano infatti usciti dal medesimo stampo.
Per fortuna, appena arrivati, i nostri protagonisti incontrarono Iana, il loro contatto, che conosceva bene la loro lingua e fu cosi in grado di raccontare loro la storia di quel Paese, il valore dei monumenti e le fatiche del popolo, presentò loro anche altri viandanti, venuti da città vicine con il medesimo scopo.
I primi due giorni furono giorni di conoscenze gli uni degli altri, ma sopratutto di se stessi, dei motivi che avevano condotto ognuno ad essere lì, di scoperta che il viaggio intrapreso, in realtà, era iniziato molto prima, e che tutte le fatiche sopportate, le sconfitte subite come la gloria delle vittorie, gli avvicinamenti e gli allontanamenti… tutto era stato necessario a quel momento.
Scoprirono che esiste una parola magica, sconosciuta ai più, pericolosa quanto potente..in grado infatti di creare un’esplosione di nuova vita. I nostri amici decisero di accogliere questa Parola nelle loro esistenza, non senza paura o fatica certo, ma tutto era necessario per proseguire nell’avventura. E così accadde.
Fu proprio l’astronomo a consegnare loro questa Parola, perché si sa che loro, osservando il cielo e le stelle, conoscono molti segreti sulla Vita.
Dove li condusse questa Parola? Ad una nuova sfida, che prevedeva l’accesso a ben 4 fortezze. Ognuna di esse era diversa, qualcuna era più imponente e minacciosa, qualche altra più gradevole allo sguardo, ma comunque chiusa e sconosciuta con all’interno uno o più mondi nascosti.
Videro che ognuno di questi edifici portava gli effetti dell’Ombra del passato e ne lessero il nome declinato in modo diverso: Neurochirurgia, Istituto dei Tumori, Leucemia,.. distanza dalle cure (ma per fortuna una Dacia c’è).
I nostri personaggi avevano portato ben poco con loro, ma con un pizzico di coraggio, accompagnati dagli amici conosciuti qualche giorno prima, entrarono in ognuno di questi grandi blocchi e ciò che scoprirono è che non avevano… o meglio, non avevamo capito nulla.
Pensavamo di partire carichi di dì energia, forza ed allegria da donare ai bambini che avremmo incontrato.
Pensavamo che la sofferenza e il dolore che avremmo visto avrebbero potuto raffreddarci il cuore e gelare i nostri movimenti.
Pensavamo che il parlare una lingua diversa avrebbe limitato il nostro Incontro.
Temevamo di non essere in grado di raggiungere l’obiettivo che ci eravamo posti.
Le piccole porte che abbiamo oltrepassato, i muri grigi (o a volte colorati) che abbiamo visto, mettevano solo a dura prova, ma non riuscivano a contrastare le voglia di vivere la normalità dei pochi anni di vita dei bambini incontrati che, nel silenzio chiedevano alle loro mamme di non abbandonarsi alla disillusione, di poter sfogare la loro rabbia giocando, chiedevano a noi di non fermarci ai corpi dipinti di disinfettante, tatuati di cicatrici, ma di notare i loro sguardi vivaci, i loro sorrisi generosi e lo stupore che ancora combatteva puro e vitale contro tutti i trattamenti e le imposizioni.
I movimenti delle nostre labbra e le parole che uscivano forse non avevano lo stesso suono, ma appartenevano alla stessa melodia…alla ricerca di un Incontro, vero, essenziale, fuori dal tempo e dallo spazio … e se ancora non era abbastanza ecco un gesto, un movimento, una bolla di sapone, un morbido pelouche, una canzone sussurrata… una domanda imparata a memoria “ Cosa vuoi fare da grande?” risposta a noi incomprensibile, ma eccome se c’è stata!!
Nei miei occhi e nel mio cuore rimangono tante situazioni, tanti flash, bambini che avevano bisogno di accarezzare continuamente, e quante carezze hanno donato quelle manine alla mia dolce volpe, quanti sorrisi e perfino risate sguaiate…e poi.. poi mi appare un viso… troppo grande per il corpo di un anno o due..e un elastico per capelli con palline colorare e in un attimo eccola ..la risposta al mio “CIAO” a mano aperta e chiusa.. quanti secondi ci vogliono per farlo? Mai avrei pensato che un gesto così semplice avrebbe voluto dire cosi tanto dentro di me …. Nello stupore della mamma che la teneva in braccio..e subito dopo sempre in risposta al mio gesto, una mano sulle labbra e poi il lancio del bacio al mondo.. Una cosa così piccola si trasforma in un’esplosione di emozioni quando, nel re incontrarci più tardi uscendo dal reparto, ci rivolge di nuovo questi gesti.
E allora ho capito di non aver bisogno di fare altro, di cercare di raggiungere altri traguardi. L’arrivo era sempre stato davanti a me: l’incontro di una Vita che ne tocca un’altra. Nessun palloncino, nessun naso rosso, nessun trucco può darti questo se TU non ci sei davvero in quell’istante, lì per loro e in fondo anche per te, per sentirti viva e con gli occhi verso chi incontri.
Per questo siamo partiti, per questo abbiamo vissuto questa indimenticabile settimana.
Perché siamo solo Persone, e se abbiamo uno scopo, al di là delle nostre personalità, fragilità e talenti, è proprio ricordarci il valore della Vita e la dignità che dobbiamo riconoscerLe dal primo all’ultimo istante, nella continua ricerca dell’Incontro, con l’altro e con la parte più intima di noi stessi.
Sono profondamente grata per questa esperienza, che non sarebbe stara altrettanto meravigliosa e completa senza i miei compagni di viaggio.
Roberto, il nostro astronomo, colui che osserva la realtà con occhi che sanno guardare lontano, nota i movimenti, coglie cause e conseguenze, ci stimola a guardare attorno e dentro noi stessi;
Giulio, il “mio“ cavaliere errante, apparentemente chiuso nella sua armatura, a cui nulla sfugge della mia persona, dallo sguardo diverso , alla fragilità esplosiva che ha saputo sorreggere e cullare;
Elena, donna infaticabile, sempre attenta a che non mancasse “l’acqua “ nelle nostre bisacce…e non solo mappe, cassa comune, gettoni della metropolitana,.. sempre premurosa anche chi sui gradini del parco aspetta affaticato qualcuno che la aiuti a portare le borse pesanti, quanti generosità!
Ilia, “la mia” Ily, dama che osserva che tutto funzioni e coglie di ciascuno bellezze e attenzioni..come solo una mamma sa fare… finalmente hai capito che ci sei anche tu, semplicemente Ilia!
Siamo partiti, siamo rinati, siamo tornati…. segnati da un nuovo passaggio del nostro cammino che è già ripreso..ognuno nel suo sentiero, con il proprio zaino sulle spalle… più ricco di prima per il prossimo passo… e quello successivo….

PS: se vi state chiedendo se la Parola magica esista davvero…. EBBENE SI! Quale sia… sta a voi avere voglia di scoprirla!!!

….. Buon Viaggio a ognuno
Serena

7 giorni a Kiev

Si può scegliere di investire le proprie ferie in una vacanza di relax al mare o in montagna, mentre noi abbiamo scelto di scoprire la realtà di vita e ospedaliera di Kiev in Ucraina.
Abbiamo cominciato il nostro viaggio con due giorni di corso clown assieme ad un variegato gruppo di clown provenienti non solo da Kiev ma anche da altre città dell’Ucraina come L’viv (500 km da Kiev). Un corso intenso ed emozionante, molto partecipato da parte di tutti, che ci ha spinto a scavare nel nostro vissuto per avere coscienza di come esso possa influenzare il nostro modo di approcciarci agli altri e quindi anche al bambino ospedalizzato.
Nella nostra attività in ospedale siamo chiamati a mettere prima la relazione con il bambino, e partendo da quel contatto inserire la gioia di un momento di gioco , di sorriso, di magia. Abbiamo incontrato clown esperti, ma forse un po’ troppo “di spettacolo” e abbiamo portato la nostra modalità di osservazione, ascolto e azione.
Nei giorni successivi siamo andati ogni giorno in una struttura diversa (ospedale neurochirurgico, ospedale oncologico, il reparto chirurgico di un altro ospedale e la casa dove l’associazione Zaporuca accoglie famiglie che vivono distanti da Kiev e vengono a Kiev per curare i loro figli). L’impatto, in particolare all’ospedale neurochirurgico, con una struttura cupa, triste, fredda per i colori alle pareti e delle coperte ma anche per la totale assensza di un sorriso sul viso del personale medico, è stato piuttosto pesante. Ci ha reso evidente quanto anche l’ambiente curato, colorato, addobbato sia di aiuto per un approccio meno pesante al dolore e alla malattia. Il sorriso dei bambini è invece lo stesso, la loro apertura alla meraviglia, al gioco, al sogno, alla speranza, va oltre alle differenze di lingua che rendevano un po’ impacciati noi nella fase iniziale.
Vivere assieme questo viaggio per noi ha voluto dire anche condividere in onestà e rispetto reciproco le difficoltà, i dubbi, le forti emozioni, la gioia di questi incontri. Abbiamo vissuto lì, come facciamo a Treviso alla fine dell’attività, dei momenti di confronto comune che ci hanno permesso di crescere non solo per le nostre esperienze, ma grazie agli spunti di riflessione emersi da quelle altrui.
Che sia a Kiev o a Treviso noi andiamo ad incontrare un bambino e non la sua malattia! e il nostro cuore deve essere ogni volta aperto e disponibile ad un nuovo incontro.

Elena Z.